lunedì 8 febbraio 2010

Sindona


“La Iena delle Stanze del Potere”

Nassau (Bahamas)-1976. All’interno di una “Principesca Villa”, direttamente collegata con una delle tante “Sedi Internazionali” di una delle più potenti banche, presenti all’epoca sulla scena della finanzia mondiale, un gruppo di persone discute animatamente. Uno di loro, all’improvviso, in segno di nervosismo, alza violentemente la voce, dicendo: “Insomma!! Mi Volete Ascoltare o No! Se non mi Ascoltate mi Arresteranno”!! Un altro membro del gruppo intima all’altro: “Basta Sindona”! Un’altra persona, dal forte accento americano, presente alla suddetta riunione, nel tentativo di calmare gli animi della discussione, dice: “Per Favore Evitiamo Polemiche in Famiglia”. Quello che ha acceso i “Toni della Discussione”, risponde alla richiesta del texano, dicendo: “Ma quale Famiglia”!!.................... “Nessuna Famiglia Lascerebbe Cadere un Suo Membro”! L’uomo poi, con lo “Sguardo Accigliato”, ma ormai stanco, dice: “Mi Basterebbe una Certa Somma”. Un altro membro dello stesso gruppo, un uomo con l’“Abito Talare”, (anch’egli americano, ma di chi ha studiato a Oxford), risponde all’“Incessante Richiesta”, con un “Tono Sarcastico”, dicendo: “E Dimmi, Pensi che stavolta Riuscirebbe a Salvarti Oppure Sarebbe un’altra Toppa”?! L’“Esagitato Interlocutore”, risponde alla suddetta provocazione, dicendo: “Parli, così proprio tu, che hai avuto la Faccia di Dichiarare alla Stampa che mi Conoscevi appena”! Il prelato controbatte: “E Che Cosa Dovevo Fare: Mettermi a Parlare di tutti i Casini che hai fatto”?! L’uomo in abito talare, in ultima analisi, accusa l’altro di aver fatto perdere una “Barca di Soldi” al Vaticano. L’altro, ancora più nervoso, controbatte: “Non c’avete Perso Niente Nemmeno una Lira” e continua: “Perfino l’Immobiliare era un Limone Spremuto”…. “Mi avete consegnato anche Bilanci Falsi”. L’alto prelato, a quest’ultima affermazione, controbatte (usando un tono più duro): “Cerchiamola di Smetterla”!! L’“Alto Gerarca del Clero Americano”, infine, tornando, nuovamente al tono sarcastico, chiede agl’altri convenuti: “C’è qualcuno che vuole dare qualche Milione di Dollari a Sindona”?! Gli altri membri del gruppo si guardano fra loro e poi guardano il “Pietoso Postulante”. Alcuni sembrano dispiaciuti, altri, con lo sguardo, sembrano dire: “Ma perché Diavolo Dovremmo Accollarci i Guai di questo qui”?! La mancata adesione alla richiesta d’aiuto, provoca l’esasperata, ma controllata, uscita del protagonista della nostra storia, dalla stanza. Tutti gl’altri compresenti, infatti, dopo quel primo momento d’indecisione, dicono in coro: “Basta Sindona”!!! L’uomo, per tale motivo, vedendosi l’oggetto delle “Critiche Gratuite”, degli stessi “Suoi Soci”, dice: “Va Be”!..... “Va Be! Ho Capito”!!! L’uomo, infine, lancia una “Fulminante Occhiata” all’intero gruppo, come per dire “Mi fate tutti Schifo, ma me la Pacherete”, poi se ne va! Il “Tempo degl’Onori”, per lui, è ormai finito! Il destino, però, ha per quell’individuo, molte carte da giocare. Il nome completo di quell’“Anziano Signore”, dal “Volto Scarno”, è Michele Sindona. Costui, un tempo, suscitava, nelle menti di molte persone, un “Raro Timore Riverenziale”. Egli, infatti, per un largo lasso di tempo, fu uno degl’uomini più potenti al mondo nel campo dell’“Alta Finanza Internazionale” citato anche da molti “Giornali Internazionali”. Il “Giornale Britannico”, “The Economist” per’esempio, lo ha definito “Il Più Grande Finanziere Europeo”. Un’altra testata estera, invece, “Fortune”, l’ha descritto come uno degl’uomini d’affari più geniali al mondo. Il carattere dell’“Uomo Sindona”, è stato ritratto, a mio parere in maniera splendida, dallo scrittore siciliano , Vincenzo Consolo, sul “Corriere della Sera”. Consolo scrive che Sindona, da giovane, era un “Ragazzo Appartato e Taciturno; non Timido, Presumibilmente, ma di quelli che in Sicilia, si chiamano Mastica Ferro, che disdegnano cioè, Amicizie e compagnonerie, che Denunciano, nel Pallore del Volto, Ambizione e Determinazione”. L’ambizione e la determinazione, infatti, sono stati da sempre, gli elementi cardini del “Suo Carismatico Potere”. Egli, infatti, ha sempre dimostrato, (per lo meno all’inizio), di avere un’intelligenza fuori dal comune e uno spirito acuminato, quanto e forse più della lama di un rasoio. La “Sua Irta Scalata”, ai punti più alti della piramide, aveva avuto inizio durante la seconda guerra mondiale, quando cioè, l’esercito americano sbarcò in Sicilia. Sindona, infatti, seppe sfruttare le “Grandi Possibilità” che la Sicilia, in quel determinato periodo di transizione, poteva offrirgli. Michele Sindona nacque nel paese di Patti in provincia di Messina, l’otto maggio 1920. Egli, grazie alla sua grande intelligenza e all’“Imperante Forza D’Animo”, a soli quattordici anni, riuscì a farsi a farsi assumere in un studio contabile del suo paese. Tale occupazione, però, non gli impedì di fare una “Brillante Carriera di Studi”. Egli, infatti, a soli ventitré anni, conseguì la laurea in giurisprudenza e l’abilitazione alla “Pratica Forense”. Sindona, nel 1943, grazie alle sue grandi doti che gli davano la possibilità di trattare alla pari con chiunque, riuscì a farsi dare un “Auto-Carro Militare” col quale, grazie alla legge sul “Proibizionismo Granario”, si riforniva di agrumi, che scambiava con frumento e che poi rivendeva, all’esercito alleato, a “Prezzi Lucrosi”. Il giovane avvocato di Patti, in buona sostanza, si fece notare subito. Egli, infatti, dopo qualche tempo, (durante uno dei suoi “Tour d’Approvvigionamento”), fu avvicinato da una persona. L’uomo accompagnò, il nostro protagonista, da un personaggio che abbiamo già avuto modo di conoscere: il “Boss di Villalba”, Calogero Vizzini. L’“Anziano Capo-Mafia” gli propose un “Patto Scellerato” che si può riassumere in una sola parola: “Lavandaio”. Don Calò e i suoi amici, infatti, gli diedero i soldi per aprire a Messina uno “Studio da Commercialista”. I clienti erano moltissimi: “Uomini d’Affari”, “Commercianti” e “Soci di Don Calò”. Il giovane Sindona, in sostanza, in quel periodo, sembrava essere la “Dimostrazione Vivente” del vecchio proverbio che dice: “La Fortuna Aiuta gli Audaci”. Egli, infatti, dovunque andasse trovava possibilità di guadagno. Il molto lavoro, però, non gli impedì di sposarsi con una giovane ragazza del suo paese natale chiamata Caterina Clio, che tra le altre cose, lo rese subito padre di una bambina. Sindona, però, benché fosse sposato, decise ugualmente, di andare a lavorare a Milano. La Sicilia, infatti, era diventata, ormai, troppo piccola per le sue ambizioni. Egli, una volta arrivato li, si mise in affari con Raul Biase. Costui era un altro commercialista molto ben introdotto nell’ambiente della “Finanza Milanese”. Il nostro protagonista, assieme al suo nuovo socio, si lanciò nella “Sua Prima Manovra Speculativa”: l’acquisto di “Terreni Edificabili” alle porte di Milano. Biase, all’inizio di quella prima operazione, era un po’ titubante. Sindona, invece, è stato sempre sicuro di se; fu lui, infatti, a convincere il socio dicendo: “Adesso non valgono Niente, ma fra qualche Anno….. Ciò che compriamo a Dieci, lo Rivenderemo a Cento”. Sindona ebbe ragione. Quei terreni, infatti, si rivelarono una “Miniera D’Oro”. Sindona, infatti, scrisse alla moglie rimasta in Sicilia: “E’ venuto il Momento che tu mi raggiunga, gli Affari vanno Bene, possiamo Guardare al Futuro con Serenità, Grandi Cose verranno, sono un Predestinato”. In quel periodo, infatti, l’idea che Sindona, fosse un uomo segnato dal destino, sfiorò la mente di molte persone. La storia dei suoi successi nel “Mondo dell’Alta Finanza”, supportano in pieno, questa impressione. Egli, infatti, nel 1949, non ancora trentenne, acquisì la proprietà della sua prima società chiamata la “Pharma-Europa”. L’anno successivo, invece, rilevò la proprietà della “Fasco Aghè”, una finanziaria con sede in Liechtenstein, snobbata da tutti, perché considerata, (come si dice in gergo), un “Guscio Vuoto”. Sindona, in sostanza, all’inizio degl’anni cinquanta, era ormai ricco. Egli, infatti, viveva con la famiglia in un lussuoso appartamento di Milano situato in “Via Visconti di Modrone”. Egli, infatti, era saldamente introdotto nell’“Ambiente dell’Alta Finanza Milanese”. Nel suo studio, situato in “Via Turati”, c’erano, infatti, molte opere d’arte: “Dipinti del Piazzetta”, “Statue del Pollalolo” e della “Urana”. Sindona, in sostanza, iniziò a farsi un nome. Molte persone, infatti, rimasero affascinati dalle sue idee. Sindona stesso le aveva enunciate in qualche intervista. Egli, in poche parole, riteneva “Deleteria ogni Indifferenza dello Stato nell’Impresa Privata”. Sindona, dunque era a favore di un “Capitalismo Sfrenato”. Egli, infatti,vedeva il capitalismo come una “Mucca Feconda dalle cui Mammelle esce Latte per tutti, ma con le Nazionalizzazioni, si Tagliano Via le Mammelle e il Latte Scompare”. Sindona, quindi, era spregiudicato, impetuoso, insofferente alle regole e ai controlli. Egli, infatti, grazie a questa sua indole, finì per farsi anche qualche nemico; primo fra tutti, Errico Cuccia. Costui era un elemento di primo piano nel mondo dell’alta finanza. Sindona, però, fregandosene di niente e di nessuno, andava dritto per la sua strada. Egli, infatti, aveva macinato un bel po’ di strada, da quando da giovane, era partito dalla Sicilia. Sindona, nel 1952, partì per un “Misterioso Viaggio d’Affari” negli Stati Uniti. Nessuno ha mai saputo cos’era andato a fare in America. Quello che è certo, però, che quando tornò da quel viaggio era diventato uomo di punta della “Finanza Mafiosa d’oltre Oceano”. Egli, infatti, amministrava gli interessi di molte società americane. Questo “Scellerato Connubio”, è stato dimostrato dal fatto che quando, il “Boss Italo-Americano” Joe Adonis, si trasferì a Milano, la prima persona con cui prese contatti, fu proprio Michele Sindona. L’appuntamento fu preso negl’uffici di Via Turati. Il “Malavitoso Americano”, “Ufficialmente”, si trovava a Milano per gestire “Affari”: hotel, Grandi magazzini ed etc. Adonis, in realtà, era un “Delegato di Cosa Nostra Americana” nel “Coordinamento Europeo” per le “Attività Illecite della Multinazionale del Crimine”. Adonis, infatti, aveva incontrato Sindona, perché lui si occupasse di riciclare i proventi delle suddette attività, in special modo quelli della droga. Sindona, infatti, fino a un certo punto della “Sua Storia Personale”, si era sempre dimostrato il “Numero Uno” per questo genere di cose. Sindona, infatti, come ringraziamento per l’ottimo lavoro svolto, fu invitato al “Grande Summit Mafioso” dell’“Hotel delle Palme” a Palermo, tenutosi il 12 ottobre 1957. L’hotel, quel giorno, era strapieno di membri dell’organizzazione. Lì Sindona, rincontrò un vecchio amico: don Calogero Vizzini. Il vecchio boss, riconobbe il nostro protagonista, appena lo vide. Vizzini, infatti, lo salutò dicendo: “Che ti avevo Detto”?!....... “E Guarda che se Oggi, sei Qui, è anche Merito mio”! L’anziano padrino, infine, volle presentare, al nostro protagonista, uno degl’organizzatori di quella riunione. L’uomo in questione, vestito con un bellissimo smoking bianco e con un sigaro in bocca, altri non era che Lucky Luciano: il “Capo Supremo di Cosa Nostra Americana” dell’epoca. Nei salotti della “Milano Bene”, sul suo conto, iniziarono a girare strane voci del tipo: “Sarà pure un Genio della Finanza, ma si arriva così in alto senza qualche Santo in Paradiso”?............. Qualcun altro, invece, diceva: “Altro che Santi, lo Aiutano i Suoi Amici Siciliani: Brutta Gente”. Qualche altra voce sottolineava che Sindona aveva strettissimi rapporti col “Vaticano”: si diceva, infatti, che “Monsignor Montini”, avesse molta stima del nostro protagonista. Sindona, infatti, quando il dirigente comunista, Pietro Secchia, si lanciò in una “Accorata Campagna”, per impedire all’arcivescovo, di andare a “Dire Messa” nelle fabbriche, chiamò a raccolta i “Suoi Amici Industriali” dicendo: “L’Arroganza di questi Comunisti è Inqualificabile io Credo, che Monsignor Montini, Abbia tutto il Diritto di Esercitare il Suo Magistero”. Pietro Secchia, infine, dovette piegarsi al loro volere. Tra l’arcivescovo e il finanziere si creò un “Fortissimo Legame” di reciproco rispetto. Sindona, infatti, in virtù di questa “Grande Amicizia”, quando Montini, nel 1963, diventò il nuovo pontefice, fu chiamato a risollevare le sorti della “Banca Vaticana” altrimenti detta: “YOR”. La Chiesa, infatti, (come amava ripetere il cardinale Paul Marcinkus), “Non si Regge con un’Ave Maria”. Sindona, infatti, si mise immediatamente al lavoro spostando all’estero le “Ingenti Sostanze” della “Santa Sede” in modo da evitare l’“Onerosa Tassazione”, che il “Governo Italiano”, aveva iniziato a imporre. L’operazione, (ai limiti della legalità), in “Perfetto Stile Sindona”, riuscì in modo eccellente. Il nuovo papa, infatti, definì, il nostro protagonista, “L’Uomo della Provvidenza”. Sindona, in sostanza, l’uomo della provvidenza, lo sarà per molti: associazioni criminali, partiti politici, istituti bancari, gruppi sovversivi come: la “Rosa dei Venti”, la “Loggia Massonica P2”, del “Venerabile Maestro Licio Gelli” e anche la “Hellenniki Tekniki”, una società collegata al gruppo di colonnelli che, con un “Golpe Militare”, impadronirà il potere il potere in Grecia nel 1967. Sindona, infatti, a riguardo aveva idee ben precise: “Fare Affari con i Dittatori E’ molto più Facile, che Farli con i Governi eletti Democraticamente, perché hanno troppi Comitati, troppi Controlli, inoltre Aspirano all’Onestà, che E’ un Guaio negl’Affari di Banca”. Sindona, in sostanza, negl’anni, era diventato potente, intoccabile, favorito, persino, dagl’apparati dei “Servizi Segreti” di mezzo-mondo. Nel 1974, però, il suo grande potere iniziò a indebolirsi. In periodo, infatti, la “Banca Privata Finanziaria”, era in “Forte Crisi di Liquidità” tanto da finire sotto inchiesta, per “Bancarotta Fraudolenta”, da parte della “Procura di Milano”. Il “Ministero del Tesoro”, infine, dispose la “Liquidazione Coatta” del suddetto istituto bancario. Sindona, infatti, si era forse dimenticato che in quel grande e oscuro gioco, gli altri partecipanti stanno come i “Serpenti” intorno alla “Preda Sanguinante”. Il “Governatore della Banca d’Italia”, Guido Carli, nominò, come “Unico Commissario Liquidatore”, l’avvocato Giorgio Ambrosoli. Ambrosoli, coadiuvato da un gruppo di finanzieri capitanati dal “Maresciallo Silvio Novembre”, si mise subito a lavoro. L’analisi di tutte quelle carte, rivelò uno “Spaventoso Sistema di Riciclaggio” nel quale c’era di tutto: “Fondi Neri”, “Evasione Fiscale”, “Banche Alimentate da Illeciti”. Sindona, in sostanza, aveva creato un “Meccanismo Diabolico”. Tutti i soldi, di cui poteva beneficiare, infatti, erano convogliati nelle “Banche Italiane”, da lì trasferiti alle “Consociate Estere” per essere investiti in “Attività Legali” e tornare in Italia perfettamente puliti attraverso un intrigato Gioco di scatole cinesi. Tutte queste società, in pratica, si vendevano e si ricompravano le azioni a vicenda alzando sempre di più la posta, così facendo i prezzi lievitavano e con i proventi si potevano coprire i vari buchi. Tutto ciò, infine, permetteva la sparizione di gran parte del denaro in questione. Questo complicato meccanismo, in ultima analisi, (mascherato da fondi fiduciari, bilanci falsi ed etc), rendeva molto difficoltoso rintracciare l’origine di queste somme. Sindona, in realtà, usava questi soldi per fare o per fare o per ricevere “Favori” da mezzo-mondo. La perfetta sintesi della filosofia di base, del cosiddetto “Sistema Sindona”, fu espressa, (a mio parere), in modo molto convincente, da una collaboratrice dello stesso Sindona, mentre parlava con Ambrosoli. In quella conversazione, infatti, disse: “L’Onestà, caro Avvocato, è la Virtù degl’Uomini da Poco: L’ha detto Stendhal, che l’Italia la conosceva Bene”. Quest’ultima considerazione, visti gl’ultimi eventi della “Nostra Storia Nazionale”, mi lascia, per lo meno a me, un profondo senso di amarezza. Adesso, però, torniamo alla storia del nostro protagonista. Sindona, in sostanza, a metà degl’anni 70, iniziò a vivere un’altra fase, se così si può definire, della sua vita. La suddetta crisi di liquidità in parte dipese dal fatto che lui fu coinvolto nel crac della “Franklin Natiolan Bank” . Sindona giocò tutte le sue carte per convincere i giudici e l’“Opinione Pubblica Americana” che era la “Vittima di un Complotto” orchestrato da potenti avversari nel campo della finanza e da pericolosi nemici nel campo della politica. Che avevano un obiettivo: eliminare a ogni costo un temibile concorrente, l’alfiere della “Finanza Cattolica”, un “Fiero Combattente Anticomunista”. Sindona, intanto, (in un momento di follia), si organizzò per eliminare il commissario liquidatore della banca finanziaria privata, l’avvocato Ambrosoli, che nel frattempo, aveva già ricevuto alcune “Telefonate Minatorie”. Il “Killer Prescelto” fu William J. Aricò, un sicario fatto appositamente venire dall'America e pagato con 25 000 dollari in contanti e un bonifico di altri 90 000 dollari su un conto bancario svizzero. L’ordine fu eseguito l’11 luglio 1979. Sindona, nel frattempo, (continuando sulla strada della “Sua Lucida Follia”), per crearsi una sorta di alibi e per accreditare la sua immagine di perseguitato politico, (il 3 agosto del 79), organizzò un suo finto sequestro con l’aiuto della “Mafia Siculo-Americana”. Egli, infatti, era diventato amico della “Famiglia Gambino”. Il piano, in sostanza, era questo: sparire dalla circolazione, facendo credere di essere stato sequestrato da un fantomatico “Gruppo Eversivo per una Giustizia Migliore”. Sindona, infatti, si fece anche scattare una foto, ispirata al sequestro Moro, con una scritta sotto che diceva: “Il Giusto Processo lo Faremo Noi”. Gl’investigatori americ ani, intanto, si misero subito a lavoro. Sindona, però, era già partito per l’Europa con un passaporto falso a nome Joseph Bonamico. Sindona, infatti, era alla disperata ricerca della cosiddetta “Lista dei Cinquecento”. 530 nomi di “Persone Importanti” che, in un modo o nell’altro, avevano partecipato all’intrallazzi, del nostro protagonista che, quindi, avrebbero potuto dargli una mano. Il finanziere siciliano, in verità, (come abbiamo già visto all’inizio), aveva chiesto aiuto anche a Roberto Calvi e agl’altri membri della “Loggia P2”. Sindona, infatti, andò prima in Austria, poi nella capitale greca e dalla città di Atene e andato a Palermo. Lì fu accolto nella villa del suocero di Rosario Spadola. Costui, infatti, era imparentato, sia coi Gambino, sia con la “Famiglia Inzerillo”. Tutto ciò, però, sarà argomento di un prossimo articolo. Adesso, però, torniamo al protagonista della nostra storia. Sindona, pur arrivando nella suddetta villa a mani vuote, dovette, necessariamente attuare la parte finale del piano. Il finanziere Siciliano, infatti, per rendere credibile il sequestro, chiese a Joseph Miceli Crimi, “Massone Italo-Americano”, nonché “Medico della Questura di Palermo”, una strana prestazione. Dopo essersi sottoposto ad anestesia locale alla gamba sinistra, si fece sparare a bruciapelo. Questo particolare evento, proprio per le sue modalità d’attuazione, mi risulta molto strano. La ferita, infatti, secondo il mio modesto parere, doveva essere inferta sul retro della coscia e non sul davanti, per essere più credibile. Il corpo in questione, inoltre, sempre per lo stesso motivo, doveva essere in movimento e non fermo, com’è nella ricostruzione. Un medico della questura che si rispetti avrebbe saperle queste cose! Gl’inquirenti, molto probabilmente, quando il 16 ottobre presero in consegna Sindona, s’accorsero subito dell’imbroglio. C’era, comunque, una componente ricattatoria tra le molle che spingevano Sindona alla messinscena, al suo viaggio in Europa e in particolare al suo soggiorno in Sicilia: se mi fate incavolare io parlo.

La difesa non gli riuscì. I “Giudici Americani” lo misero sotto processo per “Appropriazione Indebita”, “Truffa”, “Falsa Testimonianza” e una lunga fila di altri reati e, nel 1980, lo condannarono a “Venticinque Anni di Reclusione”. Quattro anni dopo, ottenuta l’estradizione in Italia, i giudici italiani lo processano per bancarotta fraudolenta e nel 1985 lo condannarono a dodici anni, (già si vede quanto la giustizia Usa sia più severa di quella italiana quando giudica i colletti bianchi). Nel 1986, fu processato nuovamente. Questa volta, però, fu accusato per aver ordinato la morte dell’avvocato Ambrosoli. Quarantotto ore dopo la condanna all’ergastolo, il 20 marzo 1986 Sindona bevve, nella sua cella del carcere di Voghera, un caffè al cianuro che lo uccise in circostanze mai chiarite del tutto: omicidio, suicidio o cosa?

Antonio Aroldo

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