La Regale Fiaba di San Leucio
“La Regale Fiaba di San Leucio”
Ferdinando
IV di Borbone (Ferdinando Antonio Pasquale Giovanni Nepomuceno Serafino Gennaro
Benedetto; Napoli, 12 gennaio 1751 – Napoli, 4 gennaio 1825), altrimenti
chiamato “Il
Re Lazzarone”, nel 1789, pochissimi mesi prima della Rivoluzione Francese, fece
nascere, nei pressi di un Casino di Caccia, che stava facendo costruire nel
casertano, una fiorente comunità di coloni provenienti da diverse parti d’Italia.
Lì c’erano, infatti, Liguri, Toscani, Piemontesi e tanti altri piccoli gruppi
familiari espressione di altre regioni del territorio italico. Un gruppo molto
eterogeneo, quindi, che, grazie alla geniale intuizione del Re, riuscì,
comunque sia, a crescere e a prosperare. Il Re Lazzarone, chiamato così perché
a lui piaceva moltissimo mischiarsi con la gente comune e vestirsi come una
persona qualunque, difatti, per dare autonomia a quelle persone, fece insediare
in loco, un’industria manifatturiera nella lavorazione della seta e dei tessuti
in generale. Una vera e propria fabbrica attrezzata con i macchinari più
moderni dell’epoca che permise, a quel piccolo paese chiamato San Leucio, di
diventare famoso in tutta Europa. San Leucio, però, fu famoso anche per un
altro motivo. Ferdinando, infatti, a favore proprio di San Leucio, scrisse di
proprio pugno uno statuto speciale che istituiva leggi uguali per tutti a
prescindere dal ceto socio-economico. Nella città di San Leucio, per esempio,
le persone si sposavano per amore e non per vile convenienza economica; alla
“Dote” e all’arredo della casa, infatti, pensava lo Stato. Questo codice di
leggi, inoltre, prevedeva l’istruzione obbligatoria per i bambini dall’età di 6
anni in su; una volta grandi, poi, li si insegnava un mestiere. I testamenti
furono aboliti per legge; i figli, infatti, ereditavano dai genitori o
viceversa. Nel caso in cui, poi, non ci fossero stati parenti stretti di primo
grado, allora andava tutto al “Monte di Pietà”. Il maggiorascato, poi, era
vietato: maschi e femmine, cioè, avevano pari diritti e pari dignità. Il lusso
era proibito; tutti, difatti, si dovevano vestire in modo omogeneo, ossia non sfarzoso
ma sobrio. I
funerali si celebravano senza distinzioni di classe, anzi erano sbrigativi
perché non dovevano affliggere. Ferdinando abolì anche il lutto, che trovava
sinistro: al massimo una fascia nera al braccio. I capifamiglia eleggevano gli
anziani, i magistrati (che restavano in carica un anno), e i giudici civili.
Ogni manifatturiere, in altre parole ogni dipendente delle manifatture della
seta, era tenuto a versare una parte dei guadagni alla Cassa della Carità,
istituita per gli invalidi, i vecchi e i malati. Un’isola felice, dunque, da
cui ci sarebbe ancora molto da imparare, che però, fu corrotta dall’ottusagine
umana e dalle invasioni napoleoniche e dall’Unità d’Italia.
Antonio Aroldo
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