mercoledì 4 marzo 2015

La Regale Fiaba di San Leucio


 

[1] “La Regale Fiaba di San Leucio”

[2]Ferdinando IV di Borbone (Ferdinando Antonio Pasquale Giovanni Nepomuceno Serafino Gennaro Benedetto; Napoli, 12 gennaio 1751 – Napoli, 4 gennaio 1825), altrimenti chiamato [3]“Il Re Lazzarone”, nel 1789, pochissimi mesi prima della Rivoluzione Francese, fece nascere, nei pressi di un Casino di Caccia, che stava facendo costruire nel casertano, una fiorente comunità di coloni provenienti da diverse parti d’Italia. Lì c’erano, infatti, Liguri, Toscani, Piemontesi e tanti altri piccoli gruppi familiari espressione di altre regioni del territorio italico. Un gruppo molto eterogeneo, quindi, che, grazie alla geniale intuizione del Re, riuscì, comunque sia, a crescere e a prosperare. Il Re Lazzarone, chiamato così perché a lui piaceva moltissimo mischiarsi con la gente comune e vestirsi come una persona qualunque, difatti, per dare autonomia a quelle persone, fece insediare in loco, un’industria manifatturiera nella lavorazione della seta e dei tessuti in generale. Una vera e propria fabbrica attrezzata con i macchinari più moderni dell’epoca che permise, a quel piccolo paese chiamato San Leucio, di diventare famoso in tutta Europa. San Leucio, però, fu famoso anche per un altro motivo. Ferdinando, infatti, a favore proprio di San Leucio, scrisse di proprio pugno uno statuto speciale che istituiva leggi uguali per tutti a prescindere dal ceto socio-economico. Nella città di San Leucio, per esempio, le persone si sposavano per amore e non per vile convenienza economica; alla “Dote” e all’arredo della casa, infatti, pensava lo Stato. Questo codice di leggi, inoltre, prevedeva l’istruzione obbligatoria per i bambini dall’età di 6 anni in su; una volta grandi, poi, li si insegnava un mestiere. I testamenti furono aboliti per legge; i figli, infatti, ereditavano dai genitori o viceversa. Nel caso in cui, poi, non ci fossero stati parenti stretti di primo grado, allora andava tutto al “Monte di Pietà”. Il maggiorascato, poi, era vietato: maschi e femmine, cioè, avevano pari diritti e pari dignità. Il lusso era proibito; tutti, difatti, si dovevano vestire in modo omogeneo, ossia non sfarzoso ma sobrio. [4]I funerali si celebravano senza distinzioni di classe, anzi erano sbrigativi perché non dovevano affliggere. Ferdinando abolì anche il lutto, che trovava sinistro: al massimo una fascia nera al braccio. I capifamiglia eleggevano gli anziani, i magistrati (che restavano in carica un anno), e i giudici civili. Ogni manifatturiere, in altre parole ogni dipendente delle manifatture della seta, era tenuto a versare una parte dei guadagni alla Cassa della Carità, istituita per gli invalidi, i vecchi e i malati. Un’isola felice, dunque, da cui ci sarebbe ancora molto da imparare, che però, fu corrotta dall’ottusagine umana e dalle invasioni napoleoniche e dall’Unità d’Italia.

Antonio Aroldo

   


 

 



[1] Tutti i Diritti sono Riservati al Firmatario del Presente Articolo
[2] http://it.wikipedia.org/wiki/Ferdinando_I_delle_Due_Sicilie
[3] http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-8134f2a4-06a0-4164-aa36-18b027badbff.html
[4] http://www.ilportaledelsud.org/sanleucio.htm

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